Evy Poetiray

La diciannovenne indonesiana Evy Poetiray si recò nei Paesi Bassi nel 1937 per studiare. Tre anni dopo, i Paesi Bassi furono occupati dalla Germania nazista. Evy si oppose al regime nazista. Da giovane, aiutò i nascosti e distribuì giornali della resistenza.

L’Indonesia, allora chiamata Indie Orientali Olandesi, era una colonia dei Paesi Bassi. Nel 1940 vivevano in Olanda tra gli 800 e i 1.000 indonesiani. Come molti studenti e studentesse indonesiani nel paese, Evy Poetiray era membro dell’associazione studentesca Perhimpoenan Indonesia (PI). I membri della PI erano a favore dell’indipendenza indonesiana e si opponevano al dominio coloniale olandese. Ma erano anche contrari al regime nazista e razzista. Dopo l’invasione dell‘esercito tedesco, i membri del PI dovettero decidere se combattere dalla parte del loro oppressore coloniale. Alla fine, il consiglio direttivo invitò i membri a resistere all’occupazione.

Il PI fu vietato dagli occupanti, ma i membri continuarono a lavorare insieme nella resistenza. Come Evy ricorda: “Era ben organizzata. Su cinque persone, solo una era in contatto con la leadership di Perhimpunan Indonesia. Ci incontravamo ogni settimana”. Evy nascondeva le persone in casa sua e iniziò a distribuire i giornali della resistenza. “Distribuire quelle riviste era molto pericoloso, ma ero giovane e avevo il coraggio di farlo”. Evy lavorò a stretto contatto con i membri olandesi della resistenza. “Gli indonesiani facevano costantemente appello alla coscienza degli olandesi. Poiché erano loro stessi ad essere oppressi, capirono la lotta degli indonesiani. E pubblicarono articoli sull’indipendenza dell’Indonesia”.  

Le persone di colore erano considerate inferiori dai nazisti, ma non venivano perseguitate attivamente. Come giovane donna di colore, Evy non era facilmente sospettabile. Non si mise mai nei guai a causa della sua attività di resistenza. 

Dopo la liberazione dei Paesi Bassi, Evy si dedicò all’indipendenza dell’Indonesia. Rimase molto delusa quando i Paesi Bassi non riconobbero l’indipendenza dell’Indonesia dopo la Seconda guerra mondiale e iniziarono una guerra per riprendere il controllo della colonia. Dopo quattro anni di guerra e sotto la pressione internazionale, i Paesi Bassi riconobbero l’indipendenza dell’Indonesia nel 1949. 

Ernst Sillem

Quando la Germania nazista invase i Paesi Bassi il 10 maggio 1940, Ernst Sillem aveva 16 anni. Fin dall’inizio cercò di ostacolare l’occupazione. 

Il giovane studente Ernst Sillem riteneva che la maggior parte degli olandesi non stesse facendo abbastanza per resistere agli occupanti tedeschi. Nel 1940, la vita quotidiana sembrava continuare come sempre e per Ernst questo risultava incomprensibile.  
“Bisogna fare qualcosa!”, pensava. Era il 1941 quando, una sera di fine gennaio, uscì silenziosamente dalla finestra della sua camera da letto con una torcia elettrica, una vernice e un pennello. Si diresse verso la sua scuola di Baarn, dove ruppe una finestra e si infiltrò all’interno. Illuminato dal bagliore della torcia elettrica, dipinse sui muri messaggi come: “Fuori i crucchi” e “Non essere passivamente antitedesco, agisci!”.  

La polizia avviò un’indagine. Le classi più alte della sua scuola dovettero sottoporsi a un test di calligrafia e ortografia per scoprire il responsabile, ma l’autore non fu mai trovato. La storia dell’atto si diffuse in tutti i Paesi Bassi. “Sono stato estremamente felice che quel messaggio sia circolato in tutto il paese, perché era questa l’intenzione! Volevo stimolare un cambiamento nella mentalità antitedesca”.  

Ernst non si fermò a questo tipo di azione. Insieme al suo amico Jaap van Mesdag, provò a raggiungere l‘Inghilterra per combattere contro la Germania nazista. Utilizzando una canoa, tentarono di attraversare il Mare del Nord nella notte tra il 31 agosto e il 1° settembre 1942. Ernst e Jaap furono sorpresi dal maltempo e salvati da una nave tedesca. Furono catturati e, invece che in Inghilterra, finirono in diverse prigioni e campi di concentramento. Dopo due anni e mezzo di prigionia, il 29 aprile 1945 furono finalmente liberati dal campo di concentramento di Dachau.  

Ernst non fu l’unico a cercare di raggiungere l’Inghilterra durante la guerra. Circa 2.000 olandesi, tra cui almeno 48 donne, raggiunsero l’Inghilterra. Oltre 200 persone non sopravvissero a questi tentativi. La maggior parte di coloro che raggiunsero l’Inghilterra si unirono ai servizi segreti olandesi o britannici, all’esercito inglese o alla Brigata Prinses Irene, l’esercito formato dal governo olandese in esilio.

Boy Ecury

Boy Ecury, originario di Aruba, un’isola caraibica colonizzata dagli olandesi, studiava nei Paesi Bassi quando furono occupati. Boy contribuì a sabotare  camion e  treni tedeschi e si impegnò a fondo nella ​​resistenza armata. 

Non appena i Paesi Bassi furono occupati dalla Germania nazista, Boy si ribellò contro il regime totalitario e discriminatorio degli occupanti. Insieme a Luis de Lannoy, amico e compagno di studi di Curaçao – anch’essa un’isola caraibica olandese – si impegnò immediatamente nella resistenza.

Utilizzando bombe incendiarie fatte in casa, diede fuoco ai camion tedeschi e presto iniziò ad essere coinvolto in altre forme di resistenza, aiutando ad esempio i piloti alleati che erano stati colpiti. Boy portava i piloti, vestiti da contadini, in bicicletta fino al confine belga dove aveva un contatto. Il fatto che egli fosse nero costituiva sia uno svantaggio che un vantaggio: da un lato, infatti, era particolarmente riconoscibile e veniva spesso fermato. Ciò tuttavia non costituiva un problema, visto che i suoi documenti erano sempre in regola. Il vantaggio stava invece nel fatto che i piloti mascherati davano meno nell’occhio di lui. 

Durante la guerra, alcune migliaia di persone nere provenienti dal Suriname e dalle isole caraibiche olandesi vivevano nei Paesi Bassi occupati dai tedeschi. I nazisti li consideravano inferiori, ma non li perseguitavano attivamente. 

Nel febbraio 1944, Luis de Lannoy fu arrestato. Boy cercò di liberarlo dalla prigione, ma non ci riuscì. Qualche mese dopo, Boy insieme adaltri compirono con successo un attacco a una linea ferroviaria. “Era buio pesto […]”, spiega un amico di Boy che faceva parte della resistenza. Scardinarono i bulloni che tenevano la ferrovia al suo posto, un lavoro difficile. “La tensione divenne quasi insopportabile. Poi è successo. L’enorme locomotiva uscì dalle rotaie sotto una pioggia di scintille!”. 

Dopo il successo dell’attacco di sabotaggio, la polizia fece irruzione nell’alloggio di Boy, che dovette fuggire. Il piano era quello di unirsi a un gruppo di combattenti della resistenza ad Amsterdam, ma il gruppo non lo accettò a causa del colore della sua pelle. Deluso, Boy vagabondò per qualche tempo, fino a quando non venne accolto da un gruppo all’Aia. Si sentiva ansioso e perseguitato, ma non smise di combattere. “Non ho moglie né figli. Se non do una mano io, chi la darà?”.   

All’inizio di novembre del 1944, Boy fu riconosciuto per strada e arrestato. Durante i lunghi e violenti interrogatori, non ammise nulla e rimase ostile, dicendo: “Continuerò a combattervi”.

Boy fu giustiziato il 6 novembre 1944. Dopo la guerra il suo corpo fu seppellito ad Aruba. Il suo amico Luis de Lannoy sopravvisse alla guerra. 

Ada Buffulini

Ada Buffulini fu una dottoressa e antifascista. Fu internata nel campo nazista di Bolzano dove riuscì a creare un movimento di resistenza.

Ada Buffulini nacque a Trieste il 28 settembre 1912 da una famiglia benestante. Nel 1930 si trasferì a Milano per studiare medicina all’università. È qui che Ada entrò in contatto con la vita della grande città e iniziò il suo impegno nel movimento antifascista. 

Nel 1943 Ada conobbe Lelio Basso, segretario del Partito Socialista, e da quel momento crebbe il suo coinvolgimento attivo nella politica e nell’antifascismo. Le sue attività si svolsero principalmente nell’ambiente universitario. Distribuiva volantini, traduceva documenti e partecipava a riunioni. Diresse anche un giornale socialista clandestino indirizzato alle donne. 

Nel novembre 1943 fu costretta a nascondersi: “Da quel momento in poi non ebbi più casa, né parenti, né lavoro; non avevo più nemmeno un nome […] Cominciò così quel tempo terribile e magnifico, a volte ossessionante come un incubo, a volte splendido come un’epopea; quel tempo in cui tutto fu dimenticato, tutto ciò che aveva formato la mia vita fino ad allora, per ricordare una sola cosa, la passione politica per la quale vivevo e per la quale sapevo di poter morire ogni giorno”. 

Il 4 luglio 1944 venne catturata dai fascisti e portata nel carcere di San Vittore a Milano. Il 7 settembre 1944 venne deportata nel campo nazista di Bolzano insieme ad altri prigionieri. Tra loro c’era Carlo Venegoni, un dirigente comunista che Ada sposerà dopo la guerra. I prigionieri politici erano contrassegnati da tute con un triangolo rosso e il numero del prigioniero. Ada divenne così la numero 3795.  

Poiché era un medico e parlava tedesco, Ada fu assegnata all’infermeria del campo. All’interno del campo riuscì a continuare le sue attività di resistenza. Coordinava la resistenza nel campo, manteneva i contatti con un gruppo esterno che aiutava i prigionieri, li teneva in contatto con le loro famiglie e talvolta organizzava le fughe. 

Le SS sospettarono che Ada avesse un ruolo nel movimento di resistenza del campo e la rinchiusero nel Blocco Celle dal febbraio 1945 fino alla liberazione del campo.  

Dopo la guerra, tornò a Milano dove continuò il suo impegno politico nelle file del Partito Comunista e dove si dedicò alla memoria della resistenza nel campo di Bolzano entrando a far parte dell’Associazione Nazionale Ex Deportati Politici nei Campi Nazisti (ANED).

Enrichetta Alfieri

Enrichetta Alfieri era una suora che lavorava nel carcere di San Vittore. Dopo l’occupazione tedesca aiutò i prigionieri politici e gli ebrei rinchiusi nel carcere. 

Maria Alfieri nacque a Borgo Vercelli il 23 febbraio 1891 da una famiglia di contadini piemontesi. Da ragazza entrò in un monastero di suore con il nome di Enrichetta e studiò educazione diventando maestra d’asilo, prima che una grave malattia la costrinse a smettere. 

Enrichetta si riprese dalla malattia e nel 1923 fu assegnata al carcere di San Vittore a Milano. Qui Suor Enrichetta creò subito un dialogo con le detenute e istituì laboratori, scuole e asili per i loro figli.  Allo scoppio della Seconda guerra mondiale si trovava a San Vittore e nell’agosto 1940 fu formalmente nominata madre superiora.  

A causa dei bombardamenti su larga scala su Milano, il carcere fu evacuato nell’agosto del 1943 e i prigionieri e le suore furono trasferiti in altre carceri. Dopo l’occupazione, i nazisti presero il controllo di San Vittore, che divenne un luogo di detenzione per gli oppositori politici e gli ebrei prima della loro deportazione. 

Nel febbraio 1944, anche le suore furono nuovamente trasferite a San Vittore. Suor Enrichetta e le altre colleghe iniziarono ad aiutare segretamente i prigionieri. Le suore avevano infatti contatti con il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) e aiutavano a far entrare e uscire dal carcere messaggi, denaro, cibo e altro materiale. 

Il 23 settembre 1944 un messaggio clandestino diretto a Enrichetta fu intercettato dai nazisti. Questi ultimi, già sospettosi delle attività delle suore, arrestarono Suor Enrichetta con l’accusa di spionaggio il 23 settembre 1944. Enrichetta fu portata nelle celle di San Vittore e condannata a morte. L’intervento del Cardinale Schuster riuscì a far tramutare la condanna a morte in una pena detentiva. Dopo la Liberazione, Enrichetta tornò in servizio nel carcere. 

Ferruccio Parri

Ferruccio Parri è stato una figura chiave del movimento di resistenza italiano. Come vicecomandante del Corpo Volontari della Libertà (CVL), ha svolto un ruolo importante nella liberazione dell’Italia dal nazifascismo.

Ferruccio Parri nacque a Pinerolo il 29 gennaio 1890. Si laureò in lettere all’Università di Torino e successivamente iniziò a lavorare come insegnante. Nel 1915 Parri fu chiamato a prestare servizio nella Prima guerra mondiale. Dopo la guerra divenne attivo politicamente e iniziò la carriera di giornalista e direttore di giornali. 

L’assassinio di Giacomo Matteotti nel 1924, politico antifascista e socialista, segnò l’inizio del suo antifascismo militante. Lasciò il suo lavoro di direttore di giornale e si dedicò alla diffusione della stampa clandestina antifascista. Aiutò anche gli antifascisti che erano in pericolo a causa del regime a fuggire all’estero. Nel 1926 Parri fu condannato a dieci mesi di carcere e tre anni di confino per aver aiutato il socialista Filippo Turati a fuggire in Francia. Nonostante ciò, Parri riuscì a stabilire collegamenti tra i vari gruppi antifascisti clandestini del Nord Italia.  

Dopo l’8 settembre 1943, egli lavorò in parallelo con il movimento comunista italiano per formare i primi gruppi di resistenza armata nell’Italia settentrionale occupata dai nazisti e contribuì a facilitare i rapporti tra le diverse forze politiche antifasciste. Nel 1944 Parri divenne vicecomandante del Corpo Volontari della Libertà. L’obiettivo di questa organizzazione era quello di coordinare gli sforzi dei vari gruppi partigiani attivi nel Nord Italia. 

Venne catturato dai nazisti nel gennaio 1945 e liberato a marzo dopo una trattativa con le forze alleate. Dopo il suo rilascio, Parri costituì un importante collegamento tra gli Alleati e i vari movimenti di resistenza durante l’ultima fase della guerra.  

Il 25 aprile 1945 Parri fu nominato alla guida del primo governo italiano del dopoguerra con il sostegno della maggioranza delle fazioni politiche dell’Italia liberata. Egli svolse anche un ruolo importante nella salvaguardia della memoria della Resistenza italiana: nel 1949 fondò a Milano l’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione Nazionale in Italia oggi Istituto Nazionale Ferruccio Parri con l’obiettivo di difendere e conservare l’eredità della resistenza.

Validio Mantovani 

Validio Mantovani era un operaio e un membro dei Gruppi di Azione Patriottica di Milano (GAP). Fu giustiziato dai nazisti per il suo ruolo nella resistenza insieme ad altri cinque partigiani nel 1944. 

Validio Mantovani nacque ad Ariano Polesine, in Veneto, il 20 ottobre 1914 da una famiglia socialista che, dopo l’ascesa del movimento fascista, dovette affrontare intimidazioni e violenze. Nel 1924 la famiglia Mantovani si trasferì a Milano. Validio trovò lavoro nella fabbrica Pirelli Sapsa ed entrò in contatto con il partito comunista, popolare nelle regioni industriali dell’Italia settentrionale. Dopo l’occupazione tedesca dell’Italia settentrionale nel 1943, Validio divenne un importante membro dei Gruppi di Azione Patriottica (GAP). I GAP svolgevano compiti rischiosi, come attacchi a unità e quartieri generali nemici e assassinii di ufficiali tedeschi e della Repubblica Sociale Italiana, leader fascisti o spie.  

Una delle prime azioni a cui Validio prese parte fu un attentato fallito a Gino Gatti il 20 ottobre 1943. Gatti era un capitano della Guardia Nazionale Repubblicana e aveva fama di torturare i partigiani. Validio fu poi promosso al comando del Distaccamento Gramsci, un gruppo più piccolo all’interno dei GAP, e prese parte a numerose azioni a Milano, tra cui il tentativo di assassinio di Aldo Resega, un ufficiale fascista milanese, il 17 dicembre 1943. A causa delle sue azioni, Validio fu trasferito a Genova per ricoprire il ruolo di vicecomandante dei GAP locali. 

Il 26 luglio 1944 Validio fu catturato per la sua presunta partecipazione a una serie di attentati a Genova. Venne inviato al carcere di San Vittore a Milano, dove era detenuto anche il padre, Rottilio, per il suo coinvolgimento nella resistenza. Il 31 luglio 1944, Validio, Rottilio e altri quattro partigiani, tra cui un ragazzo di 17 anni, furono giustiziati nei pressi di Milano. In totale, sette membri della famiglia Mantovani furono giustiziati per il loro coinvolgimento nella resistenza. 

Alfredo Malgeri 

Alfredo Malgeri era il comandante della Guardia di Finanza di Milano. Svolse un ruolo importante nel movimento di resistenza italiano e nella liberazione di Milano. 

Alfredo Malgeri nacque a Reggio Calabria il 14 agosto 1892. Nel 1912 si arruolò nella Guardia di Finanza. Ebbe una carriera di successo con molti incarichi di prestigio in tutta Italia.   

 Nel luglio 1942 Malgeri fu assegnato come comandante della Guardia di Finanza a Milano. Dopo l’occupazione del Nord Italia da parte dei nazisti, la Guardia di Finanza non fu sciolta come le altre forze armate del governo italiano e Malgeri e i suoi uomini rimasero a Milano. 

Malgeri riuscì a prendere segretamente contatti con i comandi partigiani e il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia e decise di aiutarli. Sotto il comando di Malgeri, la Guardia di Finanza aiutò i soldati italiani e alleati che erano fuggiti dai campi di prigionia e permise anche agli ebrei di attraversare il confine con la Svizzera quando possibile. L’organizzazione proteggeva anche partigiani ed ebrei dai rastrellamenti e dalle persecuzioni. Malgeri organizzò anche finte azioni contro le bande partigiane durante le quali non le attaccava, ma portava loro denaro, armi e informazioni. 

Nell’aprile 1945, Malgeri prese accordi con il generale Raffaele Cadorna del Corpo Volontari della Libertà per sostenere i partigiani in un’insurrezione generale. La Guardia di Finanza contava meno di 450 soldati contro una presenza stimata di decine di migliaia di fascisti armati. 

La direzione della resistenza locale a Milano ordinò a Malgeri di prendere possesso della Prefettura di Milano e di impadronirsi di diversi altri edifici e fabbriche importanti in tutta la città. Malgeri e i suoi uomini lasciarono la loro caserma per eseguire l’ordine. Alle 06:00 del 26 aprile, la Prefettura fu conquistata e alle 08:00 Malgeri suonò tre volte l’allarme aereo per dare il segnale che Milano era stata liberata. 

Nel 2007 Malgeri è stato insignito postumo della Medaglia d’Oro al Valore della Guardia di Finanza con la seguente motivazione: “In una situazione politico-militare estremamente difficile […] si oppose decisamente e con grande rischio personale ai propositi del governo fascista repubblicano di utilizzare la Guardia di Finanza contro l’espatrio clandestino di ebrei e perseguitati e in operazioni di antiguerriglia contro la Resistenza”. 

Carlo Travaglini

Carlo Travaglini, tedesco da parte di madre, fu un partigiano indipendente che riuscì a salvare numerosi soldati italiani grazie alla sua abilità di falsario. 

Carlo Travaglini nacque nel novembre 1905 a Dortmund, dove il padre era direttore di un’orchestra sinfonica militare. Carlo lasciò la famiglia all’età di diciotto anni e fece diversi lavori per mantenersi mentre studiava letteratura all’università.  

Nel 1935 ebbe problemi con il regime nazista dopo aver scritto un romanzo in cui affermava che “un povero ebreo onesto vale esattamente quanto un povero cristiano onesto”. Nel 1936 Carlo fu arrestato e condannato da un tribunale speciale a quattro mesi di reclusione in un campo di concentramento. Dopo aver scontato la pena, fu espulso dal Reich come “straniero indesiderato”. Si trasferì quindi in Italia dove dovette adempiere agli obblighi di leva e fu assegnato al corpo degli Alpini.  

Alla fine Carlo trovò lavoro come tecnico nella fabbrica Magneti Marelli di Milano. Dopo l’occupazione tedesca dell’Italia settentrionale dell’8 settembre 1943, il destino dei militari italiani dispersi fu drammatico e centinaia di migliaia furono deportati in Germania. Un giorno Carlo notò alcune donne davanti all’Hotel Titanus, occupato dal comando nazista, che cercavano notizie dei loro mariti. Carlo si fece passare per tedesco ed entrò nell’albergo per chiedere informazioni ai soldati nazisti. Da questo momento in poi, Travaglini dimostrò incredibili doti di falsario e una capacità non comune di ingannare le persone.   

Travaglini riuscì a convincere i nazisti che era meglio far lavorare i soldati italiani nelle fabbriche italiane invece di deportarli e creò false richieste di manodopera da parte delle fabbriche. Grazie a questa rischiosa attività, riuscì a salvare molti soldati dalla deportazione e a riportarne indietro molti altri. Travagliani rubò anche francobolli e produsse documenti falsi per sostenere le sue attività e per permettere a ebrei e piloti alleati di fuggire in Svizzera. Il 30 giugno 1944 fu scoperto dai nazisti ma riuscì a fuggire. Fu condannato a morte, ma fortunatamente non fu mai catturato. Carlo si unì all’89ª Brigata Garibaldi Alpi Grigne con la quale prestò servizio fino alla fine della guerra.