Kurt Huber

Kurt Huber fu uno dei pochi professori tedeschi che si opposero al regime nazista. Nel dicembre 1942, Huber si unì al gruppo della Rosa Bianca. La sconfitta di Stalingrado, all’inizio del febbraio 1943, lo ispirò a redigere il sesto volantino. 

​​Kurt Huber è nato a Coira, in Svizzera, nel 1893. Tre anni dopo la sua famiglia si trasferì a Stoccarda. Dopo aver terminato le scuole superiori, Huber iniziò a studiare musicologia, filosofia e psicologia all’università di Monaco. Conseguì il dottorato in musicologia nel 1917 e l’abilitazione in psicologia nel 1923.

​​Huber insegnò all’Università di Monaco a partire dal 1926. Si occupò di fenomeni teorici della musica e divenne uno dei principali rappresentanti della ricerca internazionale sul canto popolare. Nel 1937, fu nominato vicepresidente del dipartimento per gli studi sulla canzone popolare presso l’Istituto statale per la ricerca musicale tedesca di Berlino. Le speranze di una nomina permanente si infransero a causa dei vari intrighi: egli fu infatti accusato di avere “un atteggiamento decisamente antipartitico”. Huber tornò così all’Università di Monaco, dove però, secondo un rapporto dell‘Università, era da considerarsi “politicamente ambiguo”. Nel 1940 si iscrisse con riluttanza al NSDAP per assicurarsi un reddito migliore per sostenere la famiglia. Fu quindi nominato professore associato.  

​Le lezioni di Huber erano caratterizzate dal libero pensiero. Per questo motivo, erano frequentate anche da studenti critici nei confronti del regime, tra cuo i fratelli Scholl e Willi Graf. Nel giugno del 1942, Huber incontrò Hans Scholl durante una serata di lettura privata. Scholl gli inviò anonimamente i primi due opuscoli della Rosa Bianca. Per mantenere il legame con Huber, Scholl gli scrisse una lettera dalla missione medica sul fronte orientale, firmata anche da Graf e Schmorell.   

​Alla fine del 1942, Huber divenne parte attiva del gruppo di resistenza. Nel gennaio 1943 aggiunse al quinto volantino un importante messaggio sulla libertà e all’inizio di febbraio redasse il sesto volantino. Circa 3.000 copie furono stampate e distribuite dal gruppo a Monaco.  

​Il 27 febbraio 1943, pochi giorni dopo che i fratelli Scholl avevano diffuso il sesto volantino all’università per poi essere arrestati e condannati a morte, la Gestapo arrestò anche Huber. L’università lo espulse e gli revocò i titoli accademici. Huber continuò il suo progetto accademico in carcere, dove redasse anche un discorso di difesa.  

​Al processo del 19 aprile 1943, il Tribunale del Popolo condannò Huber a morte, insieme ad Alexander Schmorell e Willi Graf. Il 13 luglio 1943, il professor Kurt Huber fu decapitato nella prigione di Monaco-Stadelheim.​ 

​​Hans Leipelt

Hans Leipelt era uno studente dell’Università di Monaco. Ricevette una copia del sesto volantino della Rosa Bianca il giorno dell’arresto dei fratelli Scholl. Lui e la sua ragazza Marie-Luise Jahn lo copiarono e lo trasmisero con l’aggiunta del titolo “… e il loro spirito vive ancora”. 

​​Hans Leipelt nacque a Vienna il 18 luglio 1921. Sua madre proveniva da una famiglia cristiana di origine ebraica. Hans e sua sorella Maria, nata dopo il trasferimento ad Amburgo nel 1925, furono educati alla maniera protestante. Nel 1935, le leggi razziali antisemite di Norimberga stigmatizzarono i fratelli come “meticci ebrei di primo grado” e la madre come “ebrea privilegiata a tutti gli effetti”. Nel 1942, dopo la morte del padre di Hans Leipelt, l’unico membro “ariano” della famiglia, i due figli furono lasciati senza alcuna protezione.   

​Dopo aver svolto il Reichsarbeitsdienst (servizio di lavoro del Reich), Hans Leipelt si arruolò nella Wehrmacht e partecipò all’invasione della Polonia nel 1939 e alla campagna di Francia nel 1940. Nel giugno 1940 fu decorato per il suo servizio, ma due mesi dopo fu congedato con disonore dalla Wehrmacht perché etichettato come “mezzo ebreo”. Questa esclusione lo colpì profondamente.   

​Nel 1940 Hans Leipelt iniziò a studiare chimica all’Università di Amburgo. Nel 1941 si trasferì a Monaco, dove trovò protezione contro l’antisemitismo presso l’Istituto Chimico diretto dal premio Nobel Heinrich Wieland. Nell’istituto incontrò una cerchia di persone che la pensavano come lui. Discutevano apertamente di letteratura e arte moderna e ascoltavano musica proibita e programmi radiofonici stranieri.  

​Il 18 febbraio 1943, Leipelt ricevette una copia del sesto volantino della Rosa Bianca e lo mostrò alla sua fidanzata Marie-Luise Jahn. Fino a quel momento i due non erano a conoscenza della Rosa Bianca e dei suoi atti di resistenza. Entrambi decisero di copiare e distribuire il volantino. Durante le vacanze di Pasqua ne portarono delle copie agli amici di Amburgo.  

​L’8 ottobre 1943, Hans Leipelt organizzò una raccolta di denaro per la famiglia indigente del professor Kurt Huber, condannato a morte. La raccolta fu segnalata ai nazisti ed egli fu arrestato dalla Gestapo. Seguirono altri arresti di amici a Monaco e Amburgo. Anche la sorella di Leipelt, Maria, e la madre, Katharina, furono arrestate. Katharina si tolse la vita nella sua cella nella prigione di polizia di Fuhlsbüttel il 9 dicembre 1943.  

​Dopo un anno di detenzione preventiva, il 13 ottobre 1944 si svolse a Donauwörth il processo a Hans Leipelt e a sei coimputati davanti al Volksgerichtshof (Tribunale del popolo). Hans Leipelt fu condannato a morte. Fu decapitato nella prigione di Monaco-Stadelheim il 29 gennaio 1945.​ 

​​Hans Scholl​

​​Hans Scholl fu la figura centrale della Rosa Bianca, un gruppo di resistenza antinazista di Monaco. Scholl, insieme ad alcuni amici, scrisse, produsse e distribuì sei volantini che denunciavano il regime nazista. Egli fu catturato e condannato a morte. Poco prima della sua esecuzione gridò: “Viva la libertà!”. 

Hans Scholl nacque nel 1918 a Ingersheim, una piccola città del Württemberg. Suo padre fu sindaco della città e del luogo di residenza della famiglia, Forchtenberg. Nel 1932 la famiglia si trasferì a Ulm. Hans Scholl nel 1933, all’età di quattordici anni, si unì alla Gioventù hitleriana nonostante il padre fosse contrario al regime nazista.   

Hans era responsabile di un gruppo di 160 ragazzi. Dopo un po’ trovò le rigide strutture della Gioventù hitleriana limitanti e iniziò a seguire gli ideali più liberali della proibita Bündische Jugend (movimento giovanile libero). Hans fu catturato durante un’ondata di arresti rivolti a questi gruppi e fu accusato di comportamento omosessuale nell’aprile del 1938. La sua pena, piuttosto lieve, fu sospesa grazie a un’amnistia generale.  

Prima di poter iniziare a studiare medicina a Monaco nel 1939, Hans Scholl dovette completare il Reichsarbeitsdienst (Servizio del Lavoro del Reich) e due anni di servizio nella Wehrmacht.   

Come studente e soldato, fu assegnato alla 2ª Studentenkompanie (seconda compagnia di studenti), dove incontrò Alexander Schmorell nel giugno 1941. I due divennero presto stretti amici, condividendo interessi letterari e artistici e incoraggiandosi a vicenda nel loro atteggiamento critico verso il nazionalsocialismo. Nei mesi di giugno e luglio 1942 Scholl e Schmorell pubblicarono quattro “Opuscoli della Rosa Bianca” in circa 100 copie ciascuno. 

Dalla metà di luglio alla fine di ottobre del 1942 Hans Scholl, Alexander Schmorell e altri amici prestarono servizio come inservienti medici con la Compagnia degli Studenti al fronte vicino a Mosca. L’impressione di una guerra criminale rafforzò la loro opposizione al regime nazista. Al loro ritorno a Monaco, convinsero altri amici a sostenere le loro attività di resistenza.

Nel gennaio e febbraio 1943, il gruppo distribuì un quinto e sesto volantino, con il sostegno sel professor Kurt Huber e di altri. Ne furono prodotte diverse migliaia di copie che furono diffuse nelle principali città tedesche. Hans Scholl, Alexander Schmorell e il loro amico Willi Graf scrissero anche slogan ben visibili sulle facciate dei palazzi di Monaco e all’ingresso principale dell’università: “Abbasso Hitler”, “Hitler assassino di massa” e “Libertà”. 

Il 18 febbraio 1943, mentre distribuivano il sesto volantino all’università di Monaco, Hans e sua sorella Sophie Scholl furono arrestati. Dopo soli quattro giorni, il Volksgerichtshof (Tribunale del Popolo) li condannò a morte, insieme al loro amico Christoph Probst. Lo stesso pomeriggio furono decapitati nella prigione di Monaco-Stadelheim.

​​Alexander Schmorell

​​Alexander Schmorell è nato in Russia e cresciuto in Germania. Nell’estate del 1942, insieme ad Hans Scholl, produsse e distribuì quattro volantini illegali. Il passaggio del secondo volantino che condanna l’omicidio degli ebrei come crimine contro l’umanità è stato scritto da Schmorell. 

Alexander Schmorell nacque a Orenburg, in Russia. Suo padre Hugo Schmorell, medico, proveniva da una famiglia tedesca che si era stabilita lì nel XIX secolo. La madre Natalja era russa e morì di tifo quando Alexander aveva soltanto un anno. Nel 1920 il padre si risposò.   

Durante la guerra civile russa, la famiglia fu costretta a lasciare il Paese e nel 1921 si stabilì a Monaco. Alexander e i suoi due fratelli minori crebbero bilingui e la cultura russa fu una parte importante della loro educazione. 

Dal 1933 in poi Alexander Schmorell fu membro di organizzazioni giovanili nazionalsocialiste. Dopo la scuola, nel 1937, dovette svolgere il Reichsarbeitsdienst (Servizio del Lavoro del Reich) e successivamente dovette arruolarsi nella Wehrmacht. Quando arrivò il momento di prestare il giuramento obbligatorio di fedeltà ad Adolf Hitler, chiese invano di essere congedato dalla Wehrmacht. La sua unità fu impiegata per l’invasione dell’Austria nel 1938 e successivamente durante l’occupazione della Cecoslovacchia. Le esercitazioni e l’uniformità della vita militare erano in contrasto con il desiderio Alexander di indipendenza e libertà.  

Nel 1939, Schmorell iniziò a studiare medicina. Fu poi assegnato alla 2ª Studentenkompanie (Seconda Compagnia Studenti) dove incontrò Hans Scholl nel giugno 1941 e Willi Graf in un secondo momento. Divennero amici grazie al comune interesse per l’arte e la letteratura e al loro atteggiamento critico nei confronti del nazionalsocialismo. Nel giugno e luglio 1942, Schmorell e Scholl pubblicarono quattro “Volantini della Rosa Bianca”.  

Dalla fine del luglio all’ottobre 1942, Schmorell e i suoi amici della Compagnia degli Studenti furono costretti a prestare servizio come inservienti medici sul fronte orientale vicino a Mosca. Il ritorno alla patria della sua infanzia, le esperienze al fronte e l’impressione della condotta criminale della guerra lo convinsero a intensificare la resistenza contro il regime nazista.  

Quando il 18 febbraio 1943 i fratelli Scholl furono arrestati, Schmorell decise di fuggire da Monaco. Progettò di nascondersi in un campo per prigionieri di guerra sovietici vicino a Innsbruck. Quando questo piano fallì, tornò a Monaco dove, il 24 febbraio, fu tradito in un rifugio antiaereo e consegnato alla Gestapo.  

Il 19 aprile 1943 il Tribunale del Popolo condannò Alexander Schmorell a morte, insieme a Kurt Huber e Willi Graf. La sentenza fu eseguita il 13 luglio, quando Schmorell fu decapitato nella prigione di Monaco-Stadelheim. 

​​Traute Lafrenz

​​​​Traute Lafrenz, precoce oppositrice del regime nazista e amica intima di Hans Scholl e della sua famiglia, contribuì a stampare i volantini della Rosa Bianca e li portò ad Amburgo e a Vienna. Dopo la guerra, Traute si trasferì negli Stati Uniti dove morì all’età di 103 anni.​ 

​​Traute Lafrenz nacque ad Amburgo il 3 maggio 1919. I suoi genitori erano  politicamente nazionalisti e conservatori. Dopo l’ascesa al potere dei nazisti, Traute sviluppò rapidamente un atteggiamento critico nei confronti del regime. La sua insegnante della Lichtwark Schule, Erna Stahl, una donna di mentalità aperta, ebbe una forte influenza su di lei. 

​Nel 1939 Traute iniziò a studiare medicina all’Università di Amburgo, dove conobbe Alexander Schmorell. Nell’estate del 1941 passò all’Università di Monaco, dove lo incontrò nuovamente e si innamorò del suo amico Hans Scholl. Anche dopo la rottura, Traute rimase fortemente legata a lui e alla sua famiglia. Ella iniziò a partecipare alle serate di lettura e alle discussioni politiche del circolo della Rosa Bianca.  

Quando nell’estate del 1942 ricevette un volantino, riconobbe in Hans Scholl l’autore e iniziò a sostenere le attività della resistenza. Nel novembre 1942 portò due diversi volantini della Rosa Bianca al suo ex compagno di classe Heinz Kucharski ad Amburgo e successivamente gliene inviò un altro. Kucharski li copiò e li trasmise. Nel Natale del 1942, Lafrenz portò un volantino ad alcuni parenti di Vienna e cercò di organizzare una poligrafia. Insieme a Sophie Scholl, nel gennaio 1943, si procurò buste e francobolli.  

​Il 20 febbraio 1943, Traute Lafrenz si recò a Ulm e informò i genitori di Hans e Sophie Scholl dell’arresto dei loro figli. Il 24 febbraio decise anche di accompagnare a Monaco la famiglia Scholl per il funerale. Il 5 marzo fu interrogata per la prima volta dalla Gestapo, poi arrestata e condannata a 12 mesi di carcere dal Volksgerichtshof (tribunale popolare).   

​Nel corso delle indagini contro la “sezione di Amburgo della Rosa Bianca”, la Gestapo la arrestò nuovamente il 14 marzo 1944 e la portò nella prigione della Gestapo di Amburgo-Fuhlsbüttel. Verso la fine della guerra, insieme ad altre donne fu trasferita nelle prigioni di Cottbus, Lipsia e infine Bayreuth, dove fu liberata dalle forze americane il 14 aprile 1945.   

​Nel 1947 Traute Lafrenz fu invitata da un amico ebreo a San Francisco. Qui, nel 1948, incontrò colui che divenne successivamente suo marito, Veron Page. Terminati gli studi negli Stati Uniti, vi si trasferì definitivamente. Per 23 anni ha diretto una scuola per bambini svantaggiati a Chicago. Dal 1995 Traute Lafrenz-Page visse nella Carolina del Sud.

​​Zofia Haltof-Mikołajewska​

​​​​Zofia Haltof-Mikołajewska è stata membro della resistenza polacca e ha prestato servizio come ufficiale di collegamento e infermiera presso l’Armata Nazionale (AK). Fu arrestata e inviata al campo di concentramento di Auschwitz per le sue attività indipendentiste.​  

​​Zofia Haltof-Mikołajewska nacque il 25 ottobre 1921 a Cracovia. Durante l’occupazione fu un membro attivo della resistenza, facendo parte del Związek Walki Zbrojnej (l’Unione della lotta armata dell’AK) dal 1940.  

​Inizialmente Zofia servì come ufficio di collegamento, ma dopo aver completato il corso clandestino di formazione per sottufficiali gestito dal Servizio militare femminile fu incaricata di organizzare sessioni di formazione per infermiere. 

​Il 20 ottobre 1943 Zofia fu arrestata dalle forze tedesche con il sospetto di essere un membro della resistenza. Fu brutalmente torturata per diverse settimane nella sede della Gestapo in via Pomorska a Cracovia. Lì si svolse anche il suo processo, durato settimane, al termine del quale fu trasportata nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. 

​Lì le fu stato riconosciuto lo status di prigioniera politica (numero 70452) e fu sottoposta a esperimenti pseudo-medici. I tedeschi le iniettarono il batterio del tifo come parte della ricerca sulla malattia. Fortunatamente riuscì a sopravvivere. Quando nel gennaio 1945 il personale ordinò la marcia di uscita dal campo (in seguito chiamata ‘marcia della morte’), Zofia si nascose in un magazzino insieme ad altri suoi compagni di prigionia. Si prese cura dei malati gravi fino alla liberazione del campo da parte dell’Armata Rossa. 

​Grazie a Zofia, la sezione di Cracovia della Croce Rossa polacca iniziò a organizzare l’assistenza medica per le donne prigioniere rimaste a Birkenau già all’inizio del febbraio 1945. 

​Negli anni 1976-1982, Zofia fu attiva nell’Associazione dei veterani di guerra disabili. Fu anche fortemente impegnata nella commemorazione delle vittime del terrore tedesco. 

​Zofia è morta il 27 luglio 2010 ed è stata promossa postuma al grado di capitano.​ 

​​Zenon Malik​

​​​​Zenon Malik è stato soldato e ufficiale polacco. Durante l’occupazione della Polonia si unì all’Armata Nazionale (AK) a Cracovia e raccolse informazioni per la resistenza.​  ​ 

​​Zenon Malik nacque a Cracovia il 18 agosto 1920. Fu cadetto del Corpo dei Cadetti di Leopoli n.1. J. Piłsudski e  partecipò alla campagna di difesa del 1939 come messaggero nel 20° reggimento di fanteria dell’esercito polacco. 

​Si unì alla resistenza subito dopo l’inizio dell’occupazione nel 1939 e partecipò a un corso per sottufficiali. Prestò servizio nella diversione e nel sabotaggio e condusse corsi per sottufficiali per altri membri della resistenza a Cracovia prima di diventare ufficiale nei servizi segreti. 

​Nel 1941 Zenon fu costretto ad arruolarsi nel Baudienst (servizio di costruzione) tedesco. Fu poi trasferito a lavorare nell’Ospedale Militare di via Copernico e nel 1943 all’Istituto Batteriologico di via Pura. Qui lavorò come alimentatore di pidocchi – utilizzati per la ricerca sui vaccini contro il tifo – e come pulitore. Questi lavori gli permisero di raccogliere informazioni. 

​Parlando tedesco, Zenon riusciva a conversare con i soldati della Wehrmacht sulla situazione del fronte orientale. Riuscì a guadagnarsi la loro fiducia e a farci amicizia, il che gli permise di ottenere molte informazioni preziose sulla situazione dell’esercito tedesco al fronte. 

​Nel 1944, Zenon ricevette l’informazione che le forze tedesche gli stavano addosso e dovette fuggire da Cracovia. Trascorse il resto della guerra in clandestinità a Brzesko. 

​Dopo la guerra, Zenon fu perseguitato dal regime comunista. Dopo il 1990, fu tra i fondatori dell’Associazione mondiale dei soldati dell’Armata Nazionale (AK) e poi dell’Associazione mondiale indipendente dei soldati dell’AK. Inoltre, fu cofondatore del Museo della storia dell’AK, che si è trasformato nell’attuale “Muzeum Armii Krajowej” (Museo dell’Armata Nazionale). 

​Zenon è stato decorato con la Croce di Bronzo al Merito con Spade, la Croce dell’Armata Nazionale e la Medaglia dell’Esercito. È deceduto il 3 aprile 2018.​ 

​​Tadeusz Bieńkowicz​

​​Tadeusz Bieńkowicz fu un membro della resistenza e partecipò a una delle più grandi operazioni per la liberazione di prigionieri nella Polonia occupata. Tadeusz combatté contro l’occupazione tedesca e successivamente anche contro il regime comunista. 

​​Tadeusz Bieńkowicz nacque il 19 aprile 1923 a Lida. All’inizio della Seconda guerra mondiale si arruolò come volontario e fu assunto in un posto di osservazione aerea. Quando iniziò l’occupazione sovietica, si unì al movimento di resistenza e nel 1943 divenne soldato dell’Armata Nazionale (AK). 

​Divenne un soldato dell’unità di diversione che attaccava le infrastrutture strategiche tedesche. Fu promosso comandante di plotone nel 2º Battaglione del 77º Reggimento di fanteria dell’AK. Combatté nelle zone di confine orientali della Polonia, dove il movimento di resistenza polacco fronteggiava sia le forze tedesche, sia i comunisti. 

​Nell’autunno del 1943, l’intelligence dell’Armata Nazionale (AK) venne a sapere che circa 70 membri della resistenza erano detenuti nella prigione di Lida. I comandanti decisero di catturare la prigione e liberare i detenuti. A quel tempo, Lida era un importante nodo di trasporto per le forze tedesche: in città c’era una guarnigione di circa 10.000 soldati e poliziotti tedeschi, il che rendeva l’operazione molto rischiosa. 

​I comandanti dell’AK della zona ordinarono a un piccolo distaccamento di soldati meglio addestrati di camuffarsi. Questi uomini riuscirono a ingannare le guardie e a prendere la prigione nella notte tra il 18 e il 19 gennaio 1944. I membri della Resistenza furono liberati, mentre i prigionieri criminali vennero lasciati in cella. 

​Durante l’azione, i soldati dell’AK scoprirono che tra il personale della prigione c’era un russo ricercato dal movimento di resistenza per i crimini che aveva commesso contro la popolazione civile locale. Tadeusz Bieńkowicz lo uccise. 

​L’azione ebbe successo e i prigionieri vennero liberati senza sparare un colpo. La guarnigione tedesca in città non fu avvertita e non reagì. Per questa azione Tadeusz Bieńkowicz fu decorato con le Virtuti Militari, la più alta decorazione militare polacca. 

​Tadeusz Bieńkowicz rimase membro della resistenza anche dopo la guerra, combattendo il regime comunista. Nel 1950 fu arrestato e rilasciato dopo dopo qualche anno. 

​Negli anni ’90 Tadeusz fu riabilitato dal governo polacco e nel 2018 fu promosso generale onorario. Morì il 13 dicembre 2019.​ 

​​Stanisław Kolasiński​

​​​​Stanisław Kolasiński era un soldato dell’esercito polacco. Dopo la sconfitta della Polonia nel 1939 si recò in Francia per unirsi alle forze polacche. Dalla Francia si trasferì in Gran Bretagna dove ricevette un addestramento per paracadutisti e nel 1943 tornò in Polonia come commando dell’Armata Nazionale (AK).​ 

​​Stanisław nacque il 16 novembre 1916. Prestò servizio nell’esercito polacco e fu ferito durante i combattimenti del settembre 1939. Stanisław fuggì dall’ospedale e poi si diresse in Francia per unirsi alle forze polacche. Partecipò alla difesa della Francia come ufficiale della 3ª Divisione di fanteria. 

​Dopo la sconfitta della Francia, Stanisław fu evacuato in Gran Bretagna dove gli fu affidato il comando di un plotone della 5a compagnia della 1a brigata di fucilieri. Tuttavia, nel settembre 1942, si offrì volontario per prestare servizio nella Polonia occupata e fu quindi inviato all’addestramento per unirsi ai Cichociemni (“I silenziosi invisibili”): paracadutisti d’élite per operazioni speciali. L’addestramento era molto impegnativo e su oltre 2.400 candidati, solo un quarto riuscì a completarlo. 

​Stanisław prestò giuramento come soldato dell’Armata Nazionale (AK) e nella notte tra il 13 e il 14 marzo 1943 si lanciò in Polonia. Fu assegnato all’unità di sovversione a Lwów. Partecipò ad azioni di sabotaggio, alla liquidazione di traditori e ad azioni militari contro l’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA). Questa formazione era un’organizzazione paramilitare e partigiana fondata nel 1942 che combatteva contro l’esercito sovietico, lo Stato clandestino polacco e il Terzo Reich per un’Ucraina indipendente e nazionalista. I soldati insorti ucraini furono coinvolti in massacri di civili polacchi in Volhynia e Galizia orientale nel 1943-44. 

​Durante l’operazione ‘Tempest’, Stanisław fu comandante di compagnia del 19° reggimento di fanteria dell’ AK. Fu coinvolto in un raid in cui i tedeschi arrestarono tutti gli uomini del villaggio e li spedirono nei campi di concentramento nel cuore della Germania. Stanisław fu assegnato all’Organizzazione Todt, vicino ad Amburgo, e dovette svolgere lavori forzati. Tuttavia, a cavallo tra aprile e maggio 1945, fuggì dal campo e si fece strada attraverso la linea del fronte fino alle posizioni britanniche. 

​Dopo la guerra, non poté tornare in Polonia. Lavorò come tappezziere e nel 1951 si trasferiscì in Germania Ovest. Ufficialmente era direttore di un negozio, ma lavorava di nascosto anche per la CIA come responsabile dell’addestramento a Monaco e Haidelberg. Si occupava dell’addestramento dei paracadutisti che dovevano essere diretti nella Polonia comunista, proprio come i “silenziosi invisibili” durante la Seconda Guerra Mondiale. 

​Morì il 19 novembre 1996, 8 giorni dopo essere tornato definitivamente in Polonia.​